I Cinque Cavalieri dell’Apocalisse

pubblicato il 7 maggio 2015

Lo studio propone una complessa e comparata analisi di una parte dell’ultimo libro del NT ed è la sola Apocalisse presente nel canone della Bibbia, di cui costituisce uno dei testi più controversi e difficili da interpretare, con particolare riferimento al momento in cui l’Agnello apre il sigillo da cui vediamo apparire i quattro cavalieri. Il titolo qui presente lascia intuire che potrebbe essere sfuggito un altro elemento chiave ab imis fundamentis, non essendo descritto palesemente, ma altrettanto determinante. Per comprendere l’esistenza di quello che sarà nominato il “quinto cavaliere”, è stato analizzato il rapporto tra Apoc.6:1-8, Ger.15:2 e la Septuaginta di Ezech.5:12, approfondito il Trattato sull’Apocalisse di Newton, il quale si interroga su cosa Dio abbia effettivamente voluto fare quando ha rivelato la profezia a Giovanni, tanto chiara quanto oscura; è stata approfondita la simbologia cristiana del quadrato inscritto nel cerchio, con rimando al neoplatonico Niccolò Cusano, che paragona la conoscenza perfetta della verità ad una circonferenza, in cui è inscritto un poligono. Si vuole poi sottolineare, a riprova di come non possa avere ragion d’essere che la Divina Provvidenza occupi il quinto posto accanto ai cavalieri – come molti hanno ritenuto possibile – che si troverebbe al di sopra di essi, super partes, come una circonferenza che li racchiude e li comprende, conferendo loro la potestà di attuare le sorti che spettano all’umanità; la Provvidenza in questo caso è, per semplificare molto, il “momento” in cui Pestilenza, Guerra, Carestia e Morte sono chiamate a compiere il destino nel campo di ciascun individuo, nazione, popolo, eccetera. Vediamo quindi i quattro cavalieri nella simbologia del quadrato inscritto in un cerchio i cui vertici coincidono quattro punti dello stesso e di un successivo pentagono comprensivo del quinto elemento – per il motivo che sarà illustrato – anch’esso inscritto nel cerchio; questo ragionamento sarà comparato, in secondo luogo, con le definizioni del tempo suddiviso in cicli nelle quattro ere secondo l’astronomia indiana e quella del lungo computo secondo i Maya e, infine, la costellazione del Pegaso attraverso cinquecavalieridellapocalisserimandi alla mitologia greca. Ciò converge, in definitiva, ad un quinto elemento, che è il motivo cruciale di quest’analisi; ovvero, la Paura della Provvidenza che si afferma nel tempo non tempo, alla fine dell’ultimo ciclo, nell’era che è sul finire, nell’attesa che il giudizio finale si compia. Essa genera le reazioni necessarie a determinare il vero cambiamento, entro la quale sono date – involontariamente – le fondamenta per la Nuova Era; sono le doglie del nuovo inizio, generate dalla Paura che la Divina Provvidenza faccia da un momento all’altro il suo corso, attenendosi a quanto preannunciato nella profezia e, per questo, alimentata dalle azioni di chi tenterà di salvare il possibile, sacrificandosi per ideali assoluti. E’ il tempo dei martiri e degli eroi, è il tempo che fu nel mito di Gilgamesh, che cambiò gli orizzonti del mondo e che ora prende vita più che mai, mentre l’umanità si sfinisce in mezzo alle morti, alle guerre , alle carestie e alle pestilenze, si porta alla totale perdita di controllo, precedendo il senso di disperazione che subentrerà – è già subentrato – appena il tutto apparirà – già appare -come è stato preannunciato. Puta caso, gli elementi di cui sopra, sono elencati in qualunque descrizione apocalittica reperibile attraverso le fonti più disparate al di fuori della Bibbia e costituiscono il momento che precede la fine; tutto coincide, la realtà con le varie scritture, persino la pietra – la Terra -parla chiaro. Così, dalla reazione di coloro che non si rassegnano essendo dotati di ideali e sentimenti votati al bene comune sacrificando la propria vita, è determinato il cambiamento, che si accingerà al primo ciclo della Nuova Era attraverso un atteggiamento rinnovato e, a ragion veduta, salvificato.



In Apoc.6:1-17Poi, quando l’Agnello aprì uno dei sette sigilli, vidi e udii una delle quattro creature viventi, che diceva con voce come di tuono: «Vieni». Guardai e vidi un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli venne fuori da vincitore, e per vincere.
Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii la seconda creatura vivente che diceva: «Vieni». E venne fuori un altro cavallo, rosso; e a colui che lo cavalcava fu dato di togliere la pace dalla terra affinché gli uomini si uccidessero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada. Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii la terza creatura vivente che diceva: «Vieni». Guardai e vidi un cavallo nero; e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii come una voce in mezzo alle quattro creature viventi, che diceva: «Una misura di frumento per un denaro e tre misure d’orzo per un denaro, ma non danneggiare né l’olio né il vino». Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce della quarta creatura vivente che diceva: «Vieni».
Guardai e vidi un cavallo giallastro; e colui che lo cavalcava si chiamava Morte; e gli veniva dietro il soggiorno dei morti 
(l’Ades, hàides in greco). Fu loro dato potere sulla quarta parte della terra, per uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra. Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa. Essi gridarono a gran voce: «Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?» E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro. Guardai di nuovo quando l’Agnello aprì il sesto sigillo; e si fece un gran terremoto; il sole diventò nero come un sacco di crine, e la luna diventò tutta come sangue; le stelle del cielo caddero sulla terra come quando un fico scosso da un forte vento lascia cadere i suoi fichi immaturi. Il cielo si ritirò come una pergamena che si arrotola; e ogni montagna e ogni isola furono rimosse dal loro luogo. I re della terra, i grandi, i generali, i ricchi, i potenti e ogni schiavo e ogni uomo libero si nascosero nelle spelonche e tra le rocce dei monti. E dicevano ai monti e alle rocce: «Cadeteci addosso, nascondeteci dalla presenza di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello; perché è venuto il gran giorno della sua ira. Chi può resistere?»

Essi, infatti, simboleggerebbero nell’ordine la conquista militare (cavallo bianco, cavaliere con arco), violenza e stragi (cavallo rosso, cavaliere con spada), carestia (cavallo nero, cavaliere con bilancia), morte e pestilenza (cavallo verdastro) accompagnato dalla tomba, lo Sceol (sheʼòhl in ebraico) nell’ AT, un luogo occulto, dove Dio non è ricordato, non c’è niente.

Al quinto e al sesto sigillo, accade qualcosa di particolare; i morti in nome di Dio chiedono quanto dovranno ancora attendere per ottenere vendetta e, poco dopo, l’oscurità riempie il cielo, tutto diviene cupo e spaventoso. I re, i potenti, i ricchi, gli schiavi, gli uomini liberi cercano riparo, chiedendo alle rocce stesse di crollargli addosso per essere nascosti da Dio e dall’ira dell’Agnello. La Paura della Divina Provvidenza è, pertanto, l’ultimo cavaliere che opera sulle debolezze umane, che non si serve di un cavallo (che a mio avviso, anche se Giovanni li vede realmente sono allegorici, indicativi di quello che i cavalieri sono portatori, attraverso il colore); tuttavia, quest’ultimo cavalca la paura dell’umanità stessa; ogni uomo è consapevole di quanto ha errato spiritualmente anche se non lo ammette neanche a sé stesso, laddove si sente immortale, potente, conquistatore, ricco più di chiunque, laddove brama di superare Dio attraverso l’onnipotenza terrena e laddove gli scrupoli per ottenere tutto ciò vanno ben oltre il senso primo della salvezza della propria anima. Di fronte all’approssimarsi del Giudizio, la misura entro egli prova paura per quanto ha errato è già un cavallo che può essere, ipoteticamente , cavalcato dal quinto cavaliere.

Come con tanti altri passi del Nuovo Testamento, la chiave corretta per comprendere Apoc.6:1-8 si trova prestando attenzione ad alcuni particolari del Vecchio Testamento. Ad esempio, in Ger.15:2Se poi ti dovessero dire: “Dove andremo?”, dirai loro: Così dice l’Eterno: Alla morte i destinati alla morte, alla spada i destinati alla spada, alla fame i destinati alla fame, alla cattività i destinati alla cattività.

come pure nella versione della Septuaginta, una traduzione greca del Vecchio Testamento che veniva ampiamente utilizzata ai tempi del Nuovo Testamento. In Ezec.5:12un quarto di voi sarà consumato dalla morte e un quarto di voi perirà dalla fame in mezzo a te, e un quarto di voi sarà disperso a tutti i venti e un quarto di voi cadranno per il pugnale intorno a te, e la spada sarà sguainata contro di voi.

Da notare che le calamità riportate qui sono le stesse di quelle rappresentate dai quattro cavalieri dell’Apocalisse (sebbene l’ordine sia differente). La prima calamità di Geremia, la «morte», corrisponde al quarto cavaliere; la «spada» corrisponde al secondo cavaliere; la «fame» corrisponde al terzo cavaliere; e, poiché la dispersione geografica di un popolo conquistato costituisce l’aspetto permanente e quindi più dannoso di una sconfitta nazionale, sembrerebbe che la «cattività» sia la calamità rappresentata dal primo cavaliere. Tra le altre cose, il colore bianco ha sempre indicato un conquistatore nel mondo antico (questa è la ragione per cui il primo cavaliere e il Cristo vincitore di Apoc.19 cavalcano entrambi un cavallo bianco). La correlazione tra Ger.15 e Apoc.6 conferma l’idea che il primo cavaliere non rappresenti una figura storica a sé stante, ma è piuttosto un simbolo di “prigionia”, una delle quattro grandi calamità che insieme implicano il caos totale. Inoltre, la domanda “Dove andremo?” racchiude in sé lo smarrimento, la paura di non trovare un luogo in cui potersi nascondere, la realizzazione dell’idea che non si ha scampo di fronte alla Provvidenza e, pertanto, la maturazione del terrore dopo aver compreso che non si avrà alcuna salvezza.



Qual è esattamente il rapporto tra Apoc.6:1-8, Ger.15:2 e la Septuaginta di Ezech.5:12?

La somiglianza nella struttura ci porta a considerare che tutti e tre i libri utilizzano delle espressioni per indicare il caos totale, e che l’Apocalisse utilizza Geremia ed Ezechiele indipendentemente dal riferimento storico originario. Inoltre, ci sono molte allusioni ad Ezechiele nel libro dell’Apocalisse. Ciò perché , anche se sono stati scritti in periodi diversi, coinciderebbero con lo stesso fine e con lo stesso evento convergendo, quindi, nello stesso atto di Giustizia Divina. Non è tanto importante comprendere quando avverrà o quando sarebbe potuto avvenire, se sia esistito o meno un periodo critico in passato o nell’antichità, ciò che conta è che questo momento esiste nel piano divino; di conseguenza può anche essere considerato come una variabile che si sposta in avanti, a seconda della piega che le azioni umane vanno assumendo sulla base dell’evoluzione e, soprattutto, dalla redenzione di chi opera e cambia rotta nei momenti critici nella storia della stessa umanità.
Si matura, pertanto, una presa di coscienza che alimenta l’ansia, si studia la data di una probabile Fine del Mondo che non si realizza mai, si teorizzano apocalissi su apocalissi, si notano coincidenze astronomiche esatte che fanno rabbrividire, si tenta poi di esorcizzare il tutto pensando che la profezia biblica sia un inganno antico architettato per spaventare gli uomini, anche se non si riesce a crederlo fino in fondo e ad ogni mancata profezia al di fuori di quella in analisi si prosegue paranoicamente nel tentare di comprendere se ciò sia vero o no, chiaramente, vivendo accompagnati dalla potestà dei cinque cavalieri (per tutto il periodo della quarta parte della Terra), nonostante ignari di quanto questi ci abbiano condotto attraverso lo scorrere della nostra era e di come sia più e più volte mutato il nostro pensiero di queste “piaghe”, da cui non si può sfuggire. Al massimo, si può prendere il tutto con filosofia, e davvero molto è stato argomentato in proposito!


Il Trattato sull’Apocalisse: il passatempo senile di Newton

Sul finire del XVII secolo, quando la scienza moderna spiccava il suo audace volo, Newton pubblicò i Principi matematici della filosofia naturale, universalmente considerata una delle più grandi opere prodotte dalla mente umana in tutti i tempi, e uno dei fulcri essenziali della modernità. La fama del genio scientifico di Isaac Newton ha offuscato, fino a farla scomparire del tutto, un’ altra immagine del grande inglese. L’ ha nascosta fino al punto che, in notissimi dizionari, si può leggere un’ ampia voce “Newton” senza trovare neppure un accenno ai suoi scritti religiosi. In effetti, sono stati giudicati alla stregua di un passatempo senile, probabilmente non in modo casuale.

Nel Trattato sull’Apocalisse, Isaac Newton scrive:
Non vorrei che nessuno si scoraggiasse per la difficoltà e l’insuccesso che gli uomini hanno incontrato finora in questi tentativi. Ciò è proprio quello che era necessario che fosse. Infatti fu rivelato al profeta Daniele che le profezie sugli ultimi tempi dovevano essere chiuse e sigillate fino al tempo della fine: “ma allora i saggi intenderebbero, e la conoscenza crescerebbe” (Dan. 12:4,9,10). E perciò, più a lungo sono rimaste nell’oscurità, più sono le speranze che sia giunto il tempo in cui devono essere rese manifeste. Se non devono mai essere intese, a quale scopo Dio le ha rivelate? […] alcune persone sparse che Dio ha scelto, tali che senza essere guidati da interesse, educazione o autorità umane, possono porsi sinceramente e fervidamente alla ricerca della verità. Poiché come il profeta Daniele ha detto che «i saggi intenderanno», così ha anche detto che nessuno dei malvagi intenderà.

Newton introduce a più riprese l’argomento del disegno per affermare la perfetta comprensibilità dell’Apocalisse. Il disegno, lo scopo costituiscono la condizione preliminare dell’interpretazione stessa. Se Dio parla, parla per essere inteso. Le profezie devono quindi contenere un significato accertabile, semplice e comprensibile all’intelletto, adatto a tutti gli uomini, senza richiedere la mediazione dei dotti. Ma allora perché esse sono così oscure tanto che Newton stesso ritiene che neppure gli uomini più dotti le abbiano mai comprese? Esorta a dare più ascolto ai sensi interiori nella lettura delle Scritture interrogando sé stessi e chiedendo piuttosto a Dio che possa concedere l’illuminazione verso il sentiero della verità, che non a prendere per Verità Assoluta quanto viene promosso dalle Rivelazioni ufficiali e, qui, c’è chi dice che egli faccia riferimento proprio alla comunità scientifica e ai teologi del tempo. Cosa si è cercato di soffocare attraverso questa azione che è perdurata nei secoli sino agli ultimi tempi? Forse il senso della ragione interiore e, quindi, la Paura della Provvidenza? Non sono forse, coloro che hanno agito in questo modo, che supplicheranno le montagne di crollargli addosso per fuggire da Dio e dall’ira dell’Agnello?
Sono davvero cosi’ marginali nel complesso della sua opera, gli scritti religiosi di Newton, malgrado le imponenti dimensioni?

Prosegue e, anche se in ritardo sui tempi, leggiamo che:
Se dunque le profezie che riguardavano il tempo degli apostoli furono date per la conversione alla verità degli uomini di quell’epoca e per il rafforzamento della loro fede e se era loro dovere esaminare con diligenza queste profezie, perché non dovremmo pensare che le profezie, concernenti gli ultimi tempi nei quali noi viviamo fossero intese in modo analogo per nostro uso? E ciò affinché nel mezzo delle apostasie fossimo in grado di distinguere la verità e quindi essere rafforzati nella fede e di conseguenza reputare anche nostro dovere esaminare con ogni diligenza queste profezie.
E se Dio fu così adirato con gli ebrei, perché non avevano esaminato più diligentemente le profezie che egli aveva dato loro per riconoscere Cristo, perché dovremmo pensare che ci scuserà se non esamineremo le profezie che ci ha dato per riconoscere gli avvenimenti del tempo della fine?

Pare quindi che l’opera religiosa di Newton volesse spronare all’esigenza di giungere alla Verità attraverso il cammino interiore nello studio delle Scritture e, per riagganciarci al motivo di questo articolo, di tirare fuori la necessità personale del quinto elemento/cavaliere, condizione necessaria per cercare chiarezza nella stagnazione data dall’inganno che, senza troppo divagare, veniva confezionata ad hoc dai teologi per il popolo credente, fedele alla Chiesa e dalla comunità scientifica. Poiché la sua fu una posizione molto scomoda, ma non potendo sprofondarlo totalmente nell’anonimato avendo rivoluzionato la scienza moderna, fu messo a tacere attraverso l’indifferenza, persino sulle enciclopedie dei secoli scorsi.


La quarta parte della Terra


Apoc.6:8 Fu loro dato potere sulla quarta parte della terra, per uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra.

Ho voluto riflettere sulla collocazione di questa definizione attraverso studi comparati e sono giunto ad alcune risposte.

Stiamo varcando una soglia. Non accade per la prima volta, è già successo 2160 anni fa quando iniziò l’Era dei Pesci. Ora, per un fenomeno che astronomicamente viene detto “precessione degli equinozi”, siamo sulla soglia dell’Era dell’Aquario. La particolarità attuale è che non solo finisce un “piccolo ciclo” di 2160 anni, ma è anche la fine del Grande Ciclo di 25920 anni, la fine cioè della forma-pensiero deposta dai Logoi cosmici dando inizio al Grande Ciclo dei Pesci.

La quarta parte della Terra , tuttavia, potrebbe anche coincidere con il Quarto Sole secondo i Maya, iniziato nell’agosto del 3114 BC. Effettivamente, è un periodo molto più lungo dell’Era dei Pesci e sarebbe anche scontato considerare il numero di guerre e carestie ivi comprese, ma mi colpisce in particolar modo in quanto, oltre ad includere in esso la nascita di Cristo e quindi dell’Agnello di Dio venuto al mondo, nonché per tutt’altri riferimenti volti alla conquista territoriale e al dominio religioso che tutt’altro hanno a che vedere con la purezza del divino, come ad esempio il passaggio di imperatori importanti nelle colonizzazioni mondiali (per non parlare di Amerigo Vespucci che definì il Nuovo Mondo nello stesso modo), si aggirerebbe in coincidenza con la datazione della prima delle quattro serie della Tavola di Uruk, scritta in cuneiforme. La Tavola 1 dell’epopea di Gilgamesh, sembrerebbe essere stata realizzata proprio al termine del periodo di Uruk, come a voler imprimere memoria del passaggio di un essere, per tre quarti dio e per un quarto uomo, venuto al mondo per rivoluzionarlo. Viene automatico pensare che, terminato il compito di Gilgamesh, abbia preso inizio quella che viene definita la quarta parte della terra nell’Apocalisse, nonché la nuova era di allora (terminata circa nel 2012) e, nel cui principio, presero forma e consistenza immediata la scrittura sumera seguita da quella egizia, due grandissime civiltà. Come se, da quel remoto tempo, fiorirono le civiltà su cui ci basiamo ancora oggi in termini di organizzazione e che da quell’assetto ben poco sia mutato.


Ancora qualche comparazione

Prima accennavo all’allegoria del cavallo, ed esiste un motivo concreto. Secondo l’astronomia indiana ,che prende come unità di misura anche i cicli lunari, il tempo viene suddiviso in cicli di quattro ere (chiamato “Chaturyuga” – da “Chatur” = quattro e “yuga” = era , oppure Mahayuga – la grande quadruplice Era) che si ripetono all’ infinito.
L’inizio e la fine di ognuna delle quattro ere (chiamate rispettivamente Satya Yuga , Treta Yuga, Dwapara Yuga e Kali Yuga) sono contraddistinti dall’ ncfi9uallineamento dei 7 corpi celesti (Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno, Sole , Luna), visibili ad occhio nudo in un punto specifico della sfera celeste, denominato come il “grande quadrato”, meglio conosciuto in occidente come la costellazione di Pegaso (il cavallo).Ecco perché dei cinque, solo quattro cavalieri sono a cavallo; l’ultimo, la Paura della Povvidenza, si afferma maggiormente superato il momento dell’allineamento perfetto di tutti e 7 i corpi celesti.



Il quadrato nel cerchio, il pentagono


Questo carattere della filosofia è ben espresso dal filosofo neoplatonico Niccolò Cusano, che paragona la conoscenza perfetta della verità a una circonferenza in cui è inscritto un poligono, i cui punti di contatto con la circonferenza, rappresentano invece la conoscenza umana, e lo sforzo filosofico di raggiungere la verità. Se si moltiplicano i lati del poligono, aumenteranno i punti di intersezione fra questo e la circonferenza (sempre più della verità vengono raggiunti dall’uomo), senza però che mai il poligono finisca col coincidere con la circonferenza, anche procedendo indefinitamente nella moltiplicazione dei lati. La completezza della conoscenza è prerogativa del Cerchio, dell’Assoluto. Pur non raggiungendo punti conclusivi, la ricerca filosofica, però, amplia indefinitamente gli orizzonti umani, la consapevolezza dell’uomo nel mondo. Adoperando la stessa simbologia in riferimento ai quattro cavalieri dell’Apocalisse , si potrebbe ritenere che ciascuno di essi sia disposto negli angoli del quadrato inscritto nel cerchio, dove il primo rappresenta le piaghe terrene inflitte sull’umanità che sono, infatti, la consapevolezza che l’uomo ha di sé nel mondo (e pertanto con un rimando alla realtà terrena) e il secondo simboleggia la Provvidenza Divina. Laddove, tra l’angolo del quadrato e il cerchio, avviene un punto di contatto, ha luogo l’interazione tra quel dato cavaliere con la Provvidenza stessa.

Se, in conclusione, inseriamo la Paura della Provvidenza sul piano dei quattro cavalieri, otteniamo un pentagono. Questo simbolo è assai complesso ma non mi addentrerò particolarmente nella Cabala e nell’esoterismo nonostante non sia meno importante, per concentrare, piuttosto, la comprensione dell’articolo esclusivamente al quinto cavaliere. Accenno solamente che in passato si associava il numero 5 al dio della guerra Marte e alla costellazione del Toro; nel mondo greco prima e romano poi, ogni altare dedicato a questo dio doveva essere di forma pentagonale, per incanalare meglio la sua forza. Volendo dare uno sguardo al presente, nel linguaggio comune e giornalistico, con il termine “Pentagono” si intende il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, inaugurato il 15 gennaio del 1943. Anche se il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, indicò chiaramente che l’edificio era stato concepito di forma pentagonale “ufficialmente” per inserirsi in un contesto viario di cinque strade, si dice che la motivazione circa la scelta di questo simbolo vada ricercato nella Cabala, ed è quindi in essa che potrebbe essere compreso il senso architettonico della sua forma. Senza bisogno di andare oltreoceano, basti pensare alla vecchia pianta della città di Ferrara. Nel XVIII secolo esisteva una piazzaforte, dove ora ci sono i giardini della stazione, e la sua forma era a base pentagonale. Tuttavia, per Platone il pentagono era simbolo di salute, armonia e disciplina.

Molto altro ancora potrebbe essere scritto su questa forma geometrica.

In conclusione, l’Apocalisse non deve essere esclusivamente vista come elemento negativo, bensì come elemento chiave per l’umanità e le azioni di determinati eroi, volte a proseguire il cammino attraverso la prevalenza e l’equilibrio di caratteristiche che man mano si assestano, vanno adeguandosi alle esigenze necessarie per affrontare l’ingresso nella Nuova Era. Ciascuno dei cinque cavalieri, pertanto, ha operato e continua ad operare attraverso l’applicazione del proprio ruolo secondo il disegno della Provvidenza Divina che, in questi termini, mantiene l’ equilibrio perfetto entro cui ogni ciclo deve compiersi. Ecco quindi che, l’Apocalisse acquisisce un ruolo cruciale nell’evoluzione, sia tecnologica che spirituale; se non si innescasse il processo entro cui si pensi e si capisca che il tutto giunge al termine, fiutando l’estinzione, si tenderebbe alla deriva certa e alla Fine che sarà, a quel punto, concreta e inevitabile.

Mi domando, piuttosto, se i Cinque Cavalieri dell’Apocalisse avranno ancora la potestà totale sull’umanità quando – e se – saremo giunti, a tutti gli effetti, nella Nuova Era.


Igno-rando

Pubblicato da Ignorando

De labore solis!