Esorcismo

pubblicato il 19 giugno 2015

Questo libretto in bronzo, oggetto di arte mesopotamica che rappresenta un antico esorcismo, è conservato presso il Museo del Louvre, a Parigi.

FOTOGRAFIA DI JOSSE, BRIDGEMAN IMAGE

Fonte: National Geographic

Prima di affrontare la questione sull’esorcismo, è necessario definire l’ambito in cui esso è collocato facendo chiarezza tra la sua storia e la versione che viene offerta da cinema e dicerìe di popolo.
E’ diffusa in molte religioni la credenza che un essere soprannaturale possa decidere di impossessarsi del corpo di un essere vivente, uomo o animale, o di occupare un determinato luogo a proprio piacimento; per questo motivo, l’esorcismo comprende un insieme di pratiche e riti volti a far sì che questi abbandoni il corpo della persona, dell’animale o del luogo in cui alberga. Tali pratiche sono molto antiche e fanno parte del credo di varie religioni.
I presunti posseduti non sarebbero consenzienti, né totalmente responsabili delle loro azioni, perciò incapaci di determinare un controllo su chi li possiede. Il concetto di possessione malefica e la pratica dell’esorcismo sono concetti molto antichi e diffusi.

Il Nuovo Testamento annovera tra i miracoli di Gesù Cristo la liberazione di alcuni indemoniati, tra cui quello di Gerasa (cfr. Vangelo secondo Luca, 8,26-39 e Marco 5,1-20). Per questo motivo e per la tradizione ininterrotta, la possessione diabolica fece parte del credo del Cristianesimo fin dal suo inizio; l’esorcismo, come pratica di liberazione dal demonio è stata ed è tutt’ora una pratica riconosciuta e promossa dalla Chiesa cattolica, da quella Ortodossa e da varie Chiese Protestanti.
5 Di continuo, notte e giorno, andava urlando tra i sepolcri e su per i monti, percuotendosi con delle pietre. 6 Quand’ebbe veduto Gesù da lontano, corse, gli si prostrò davanti 7 e a gran voce disse: «Che cosa vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi».8 Gesù infatti gli diceva: «Spirito immondo, esci da quest’uomo!». 9 Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?». Egli rispose: «Il mio nome è Legione perché siamo molti». 10 E lo pregava con insistenza che non li mandasse via dal paese. 11 C’era lì un gran branco di porci che pascolava sul monte. 12 I demoni lo pregarono dicendo: «Mandaci nei porci, perché entriamo in essi». 13 Egli lo permise loro. Gli spiriti immondi, usciti, entrarono nei porci, e il branco si gettò giù a precipizio nel mare. 14 Erano circa duemila e affogarono nel mare. E quelli che li custodivano fuggirono e portarono la notizia in città e per la campagna; la gente andò a vedere ciò che era avvenuto.
(Mc. 5,5-14)

Un’altra forma di possessione, secondo la tradizione e la cabala ebraica , sarebbe quella del dybbuk, che si ritiene essere l’anima vagante di un defunto, fuggita dalla Geenna (un termine ebraico tradotto liberamente come “inferno”). Nella tradizione ebraica è uno spirito maligno o un’anima in grado di possedere gli esseri viventi. Si ritiene che sia lo spirito disincarnato di una persona morta, un’anima alla quale è stato vietato l’ingresso al mondo dei morti, lo Sheol.
Queste anime vagano per il mondo poiché manca loro la “forza” di mantenere l’attaccamento a Dio per l’ingresso nel Ghehinnom per poi avere accesso al Gan Eden.
Il significato della parola “dybbuq” deriva dall’ebraico “דיבוק” e vuol dire “attaccamento”: l’anima del trapassato che non ha compiuto pienamente il suo compito, o con mancanze di altro tipo si attacca al corpo di un vivente e coabita in esso.
Secondo le credenze popolari, se un’anima non è riuscita a terminare la propria funzione o a compiere le azioni richieste nella vita terrena, o talvolta colpevole di trasgressioni molto gravi, viene ad essa data un’altra opportunità per terminare i compiti insoluti nella forma di un dybbuk. Non appena avrà raggiunto gli obiettivi preposti, esso abbandonerà l’essere ospite (a volte dopo essere stato aiutato).
Quando il dybbuq è presente nella persona, non ne ha effetti “desiderabili” o buone sensazioni, e spesso è in contrasto con le Leggi divine; infatti la persona fisica “ospitante” si trova a subire spessoconseguenze sgradevoli, limitanti per la propria vita e la propria identità, nonché per il proprio percorso spirituale. Non si tratta, comunque, di una forma di reincarnazione. Pertanto anche dal dybbuq sono necessari tentativi di liberazione attraverso un rito religioso formale.
Con l’affermarsi della dottrina psichiatrica, la pratica dell’esorcismo è andata a scemare in tempi recenti e in molti gruppi religiosi, anche a motivo di una più attenta diagnostica di problemi di carattere psichico e psicologico. Tale diminuzione può anche essere ascritta ad un cambiamento di mentalità nella cultura occidentale, a nuove correnti filosofiche e di pensiero quali il razionalismo, il materialismo o il naturalismo, le quali hanno ridotto l’attenzione ma, soprattutto, spostato l’orizzonte altrove e sminuendo così l’importanza del soprannaturale.
Nell’ambito della Chiesa cattolica, l’esorcismo, tranne quello ordinario praticato in occasione del battesimo, è un sacramentale praticabile solo dai vescovi o da un sacerdote in possesso del mandato dal proprio vescovo. Nel passato l’esorcistato era un ministero annoverato tra gli ordini minori, ma fu abolito con il Concilio Vaticano II. L’esorcismo è disciplinato dal “De exorcismis et supplicationibus quibusdam” (letteralmente “gli esorcismi e alcune preghiere”), rituale piuttosto giovane, adottato nel 1998 in sostituzione di quello del 1614 che resta tuttavia in uso perché ritenuto più completo ed efficace dalla maggior parte degli esorcisti.
I tempi sono molto cambiati in proposito e l’atteggiamento è diverso; oggi la Chiesa procede con molta più cautela, soprattutto in presenza di malattie che, un tempo, erano unicamente ascritte all’azione del Demonio come ad esempio la schizofrenia, l’epilessia o altre malattie mentali.
Il suo primo scopo è infatti diagnostico, allo scopo di verificare se la persona sottoposta ad esorcismo sia affetta o meno da disturbi naturali o posseduta dal Maligno. La sua durata varia, fino a più riprese lungo un percorso che può durare anni per raggiungere la completa liberazione. Nel caso di un reale esorcismo, l’entità che possiede l’esorcistato passa per un attimo all’interno del corpo dell’esorcista; ecco perchè non tutti sono idonei a praticare questo sacramentale. Il sacerdote esorcista deve, prima di tutto , indagare sulla storia del suo paziente, e la prassi prevede un interrogatorio iniziale, sia della persona che dei familiari, uno studio degli esami medici, e la ripetizione di nuovi e, se necessario, preghiere di guarigione e di liberazione da un gruppo guidato da un sacerdote.
Essendo considerato un ministero particolarmente delicato e difficile, secondo la Chiesa Cattolica (ma non secondo tutti) l’esorcista deve essere un sacerdote, ma prima di tutto una persona dotata di particolare equilibrio psichico e spirituale. Il rituale suppone che il posseduto abbia la libera volontà, sebbene il demonio può avere il controllo del suo corpo, e prevede preghiere, benedizioni, invocazioni secondo le indicazioni del rituale. Significa che egli è cosciente del momento nonostante la possessione.

Igno-rando

Pubblicato da Ignorando

De labore solis!