Supereroi.Paradigmi col passato e ipotesi correlate alla MWI (Many Worlds Intepretation)

scritto nel 2015

L’articolo è dedicato ad un libro che sarà pubblicato a breve. Queste considerazioni saranno utili nel condurre chi non possiede un bagaglio di studi classici da associare a quelli scientifici e viceversa in quanto, in entrambi i casi non risulta semplice realizzare il paradigma tra la figura dell’eroe del mito greco e il supereroe dei fumetti, in quanto il discorso richiede lo sviluppo di una sensibilità comparativa oltre che una sorta di spirito di azzardo, indispensabile nello scavalcare limiti dettati da “omologate coerenze”.
Anche se, oltrepassato l’orizzonte, non ci si deve perdere!

Eroi e dei tra gli uomini.
I miti degli eroi narrano le imprese di esseri straordinari, dotati di capacità prodigiose edi valori nobili, di qualità superiori e, spesso, di veri propri semidei nati dall’unione di dei e uomini scelti. Le loro gesta sono testimoniate in coincidenza col tempo delle origini, quando le comunità degli uomini non erano ancora stutturate da leggi civili; figurano come i capostipiti dei popoli a cui vengono tramandate le arti della coltivazione, della metallurgia, della scrittura e della guerra, fondano le città e stabiliscono le prime leggi. Si parla di un vero e proprio indottrinamento dell’essere umano; ciò è testimoniato dai reperti archeologici e dalle pitture rupestri, dalle brillanti civiltà fiorite come parentesi in mezzo ad un’evoluzione complessiva, in cui l’uomo si trovava agli albori della sua stessa composizione. Perciò non vi è alcun motivo plausibile per ritenere che essi non siano mai esistiti.
La parola “eroe” compare per la prima volta nell’Iliade: héroes erano i guerrieri che combatterono sotto Troia, uomini superiori agli uomini comuni per forza e nobiltà figure sovraumane che, come diceva Aristotele hanno un’anima più nobile. Esiodo li collocava nel tempo delle origini, dopo le età dell’oro, dell’argento e del bronzo: la generazione degli eroi scomparve dopo aver compiuto splendide imprese, e ora (dice il poeta in Opere e giorni) agli uomini non resta che la mediocre e terribile età in cui sono costretti a vivere senza gloria o grandezza, in mezzo a fatiche e dolori.
Ne siamo proprio sicuri?
Prima di questa definizione abbiamo delle testimonianze importanti: le avventure di Gilgamesh, eroe della Mesopotamia narrate su 12 tavolette, trovate nella biblioteca del re Assurbanipal (669-628 a. C.) durante scavi archeologici effettuati nel secolo scorso, nel luogo dove sorgeva Ninive, l’ultima capitale del regno assiro. Delle opere mesopotamiche non ci sono prevenuti i nomi degli autori (e personalmente non lo trovo casuale), ma per l’epopea di Gilgamesh si è trovato un catalogo del periodo noe-assiro, conservato nella Biblioteca di Assurbanipal, che attribuisce il poema al sacerdote Sinlenquinnini anche se per alcuni studiosi, l’ipotesi non è attendibile e il compositore del poema resta sconosciuto in via ufficiale.
Essendo divenuto motivo di venerazione e di culto, e’ importante comprendere come l’eore sia stato un fenomeno di grande rilevanza all’interno del pensiero religioso, sull’idea che il sacro sia stato percepito, attraverso l’umanità, inizalmente composto da esseri esemplari con facoltà, forza, e nobiltà molto più elevate rispetto a quelle apartenenti agli uomini comuni. Trovo errata l’attribuzione di ciò ad un discorso di fantasia collettiva, in quanto si vorrebbe alludere, in questo modo, che gli antichi greci siano stati un popolo che ha basato su delle mere invenzioni le proprie credenze rligiose. La personificazione del sacro è avvenuta nella figura dell’eroe. Essi venivano venerati, ad essi si rivolgevano le preghiere , se ne ricordavano le gesta e si tramandavano come patrimonio di grande virtù, al punto che da questo è nato un modello archetipico cheè arrivato sino al supereroe delle strisce per i penny defaults (che vedremo in seguito). Arriviamo pertanto ad un sublime sillogismo: se venivano ricordate le gesta e rappresentate attraverso le tragedie, vuol dire che essi sono esistiti, e quindi, in qualche modo anche i supereroi, gli eroi di fantasia, potrebbero narrare le gesta qualcuno in grado di compiere o che ha compiuto azioni che sfidano le leggi conosciute dall’uomo. Perciò, si allude sempre agli eroi, e chi sono questi eroi se non esseri di civiltà superiori o di altri mondi, come farebbe intendere Superman, per esempio?
Se aggiungiamo le sempre crescenti conferme che in campo archeologico e in quello scientifico, e con una sempre più forte presa di coscienza sul fatto che antiche civilità più evolute ci abbiano fatto visita si può ritenere che, a partire dagli eroi (o come vogliamo chiamarli) e giungendo alle storie dei supereroi, l’uomo non è mai stato solo e in balìa di sé stesso. L’uomo non è mai stato solo e il solo nell’Universo, negli Universi. Esseri di altri mondi, che hanno seguito e indottrinato gli uomini, i quali li hanno venerati come dei e come eroi.

Maledetta la terra che ha bisogno degli eroi

Come gli dei, così l’eroe è divenuto una necessità della psicologia collettiva; non è un fattore positivo per quello che riguarda l’esistenza umana, perchè si comprende in questo modo la necessaria dipendenza che esso ha di modelli da seguire per poter avanzare, in quanto difficilmente, progredisce autonomamente e difficilmente, avanza su fronti più complessi senza qualche illuminazione.
E Brecht lo aveva capito : “maledetta la terra che ha bisogno di eroi” .
Da qui l’abuso, nel vero senso della parola, del mito degli eroi, in quanto l’uomo arriva persino a sceglierli e a inventarli sulla base dei propri bisogni, man mano che si inoltra nell’evoluzione; il modello eroico che si introduce nell’immaginario collettivo e trasmesso per via culturale, influisce sulla formazione della personalità collettiva, sociale e individuale (nella scala dei bisogni di autoaffermazione secondo la piramide di Marshall). Ovvero, per riprendere un’idea di Heidegger, si potrebbe dire, umanamente, che ogni esistenza è determinata dalla scelta del proprio eroe. Così, il bisogno di autoaffermazione, il desiderio di onnipotenza, la brama di non dover dipendere da nessuna forza oltre la propria volontà, ha generato l’idea che l’unico a cui rivolgere la propria venerazione è il dio denaro. A questo desiderio di onnipotenza, che no va certamente di pari passo col bene comune e col vero progresso della razza umana, si contrappone lo squilibrio di tutto il resto; tuttavia, esendo composto da diversi fattori, è sempre lo stesso uomo a desiderare l’intervento di una qualche forza dall’alto che ripristini gli equilibri originari; ma, ad oggi, per raggiungere questi ultimi, gli eroi, gli dei e le forze cui l’uomo fa riferimento, dovrebbero applicare determinate misure, a meno che non abbiano a cuore l’umanità. E chi è che combatte per i valori e per la giustizia per antonomasia?

Supereroe: eroe di fantasia

E’ il supereroe. Si batte per l’umanità unendo il mito dell’eroe alla scienza, aggiungendo dettagli sulle possibilità e sulla spiegazione delle azioni compiute e, dall’altra, giocando sulla chiave della fantasia e, quindi, non confermando mai una realtà effettiva della sua esistenza concreta; pertanto, la definizone eroe di fantasia, delinea il percorso verso paradigmi di un certo peso. Molti dei loro tratti sono comuni ai protagonisti della tarda letteratura vittoriana, come il detective Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle e l’avventuriero Allan Quatermain di H. Rider Haggard. Così come si dice che storie popolari (dime novel) come Buffalo Bill, Zorro e Tarzan abbiano anch’esse contribuito alla loro nascita, senza escludere i racconti avventurosi pubblicati sui pulp magazine, dove muovevano i primi passi personaggi come Conan il barbaro divenuto, successivamente, personaggio dei fumetti grazie a Roy Thomas e Barry Windsor-Smith, o avventurieri e combattenti del crimine come Doc Savage (omaggiato sui primi numeri di Planetary), Spider, l’Uomo Ombra. Gli esempi più importanti sono Cybersix dall’Argentina, Marvelman dalla Gran Bretagna e serie giapponesi di anime e manga come Science Ninja Team Gatchaman e Sailor Moon.
Prima che esistessero gli albi a fumetti, c’erano le strisce. Come si accennava, nell’Inghilterra vittoriana alcuni settimanali di grande formato, i penny defaults (“pessimi da un penny”), pubblicavano strisce umoristiche secondo la tradizione del teatro di varietà. Il loro successo tra la classe operaia era un’offesa alla borghesia. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento un’accesa rivalità tra Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst stimolò la creazione delle strisce a fumetti per giornali che divennero popolari tra gli immigrati con conoscenza limitata dell’inglese. Queste strisce divennero armi molto efficaci nella guerra della tiratura di quei tempi, e l’innovazione di stampare una striscia di fumetti a colori fu un enorme successo, soprattutto per Hearst.
Così nacque anche Superman, che fu creato in Cleveland da due studenti adolescenti, Jerry Siegel e Jospeh Shuster, i quali sognavano di diventare ricchi con le strisce dei giornali. Invece di un normale terrestre che andava su un nuovo, strano pianeta (vedi Flash Gordon o Buck Rogers) il protagonista viveva in un mondo lontano, dotato di capacità particolari, e arrivava sulla Terra. Fu un’innovazione seguita da un secondo dato; la sua identità segreta.
Dopo anni di porte chiuse in faccia, Siegel e Shuster trovarono consenso presso la Sheldon Mayer e ne nacque un fumetto.

Al di là della di come siano venuti alla luce i supereroi, ritengo che essi abbiano un ruolo fondamentale, una sottotrama, che consente di consegnare all’umanità quella continuità per cui si potrebbe anche pensare che gli eroi non si siano mai estinti, al contrario dell’affermazione di Esiodo. Questo perché l’uomo procede inesorabilmente attraverso un percorso che, a volte, balza in avanti con effetti a sopresa. Cosa ci raccontano i fumetti, i cartoni animati, i film e i videogiochi di questi personaggi invincibili? Cosa invece ci trasmettono? Siamo ancora capaci di leggere gli eventi che ci circondano con gli stessi occhi degli antichi uomini?
Oltre a rappresentare la scienza con precisione, i fumetti della Silver Age regalavano perle di erudizione relative ad altre discipline dotte. Ad esempio, la trama di The Adventure of the Canceled Birthday in “The Atom” n° 21 (scritto da Gardner Fox, avvocato e scrittore fantascientifico) si basava sul fatto poco noto che nel 1752, quando la Gran Bretagna sostituì il calendario giuliano con quello gregoriano, nella transizione si saltarono undici giorni. In altre parole, per uniformarsi agli altri Paesi europei, il 2 settembre 1752 fu seguito dal 14 settembre (e i Britannici gridarono “ridateci i nostri undici giorni!”). Tra le varie cose, i lettori di fumetti venivano a conoscere nozioni di questo e altro tipo; pertanto, possiamo pensare che un grande numero di nozioni e indottrinamenti siano passati sotto questa chiave e che continuano tutt’ora a passare attraverso l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, quindi col cinema, i cartoni animati in 3D e 4D, i videogiochi, colpendo soprattutto la fascia di età relativa ai giovani, gli studenti, coloro i quali hanno necessità di elaborare e formulare con più frequenza riflessioni, pensieri e teorie. Stimolarli con storie accattivanti di personaggi dalle facoltà potentissime, che si imbattono in imprese impossibili uscendone vincitori, forma nella mente di questo pubblico un modello eroico da seguire ed emulare in qualche modo. Nascono battaglie interiori da superare, ideali da perseguire e la voglia di comprendere la fisica dei supereroi, rivelatori di grandi leggi da cogliere…al volo!

Edipo e Flash. Un eroe e un supereroe a confronto.

Nell’Edipo re, Sofocle narra la dipartita di Edipo dal mondo in un boschetto sacro alle Eumenidi presso Colono. Egli appare, nel corso di tutta l’opera, determinato a conoscere la propria identità e non arretra nemmeno di fronte alla possibilità che la scoperta delle proprie origini possa apparire come qualcosa di terribile. Numerosi personaggi tentano di dissuaderlo (Tiresia, Giocasta, il servo di Laio), perché sanno o hanno intuito la verità ma Edipo decide di andare avanti comunque, intende esplorare gli aspetti più pericolosi della propria natura senza reticenze e senza seppellire gli inquietanti sospetti sotto una cortina di timoroso silenzio. Perciò è molto più semplice concludere che non morì affatto e che, semplicemente, scomparve. Edipo, come il supereroe Flash di cui vedremo, può essersi spostato (o è stato spostato) in una realtà parallela dove ha continuato la sua esistenza.
Appena poco prima di essere colpito dal fulmine, che causò il contatto con sostanze chimiche esotiche, il ricercatore della polizia scientifica Allen si trovava nel suo laboratorio, intento a consumare il suo spuntino e a leggere “Flash Comics” n°13. In questo strano incidente Barry acquisì delle facoltà e pensò di utilizzarle per scopi umanitari. Ispirandosi al fumetto che stava leggendo prima che il fulmine lo colpisse, indossò un costume giallo e rosso e cominciò a lottare contro il crimine nei panni di Flash (della Silver Age). Con un’idea geniale che oggi definiremmo “postmoderna” negli albi di Flash degli anni Sessanta si stabilì che Flash era un personaggio dei fumetti nella “realtà” di Barry Allen. Il Flash della Golden Age (Jay Garrick), invece, fu considerato immaginario fino al 1961, quando , su “The Flash” n°123, fu rivelato che entrambi i personaggi esistevano, ma su Terre parallele, separate da una “barriera vibrazionale”. Ma il termine immaginario potrebbe non essere corretto.
Una fra le teorie, quotata da un buon numero di stimati fisici contemporanei è l’interpretazione a realtà parallele, appartenente alla disciplina della meccanica quantistica/meccanica ondulatoria, denominata successivamente “a molti mondi” (Bryce DeWitt). E, proprio alla fine degli anni Cinquanta, un giovanissimo Hugh Everett introduceva la teoria dei molti mondi (MWI – Many Worlds Interpetation). L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo i quali, prendono inizio ogni volta che avviene un esperimento quantistico e, perciò, ogni misura quantistica porrterebbe alla divisione dell’universo in tanti universi paralleli quanti sono i possibili risultati dell’operazione di misura.
Secondo le teorie attuali queste Terre alternative, sarebbero più simili a quelle descritte nell’universo dei fumetti Marvel, dove leggeri cambiamenti nella storia di un personaggio portano a mondi diversi che non si possono mai visitare a prescindere dalla propria frequenza vibrazionale, in quanto non si può occupare lo stesso spazio e lo stesso tempo in un mondo dove già si è e si vive (a meno che si sia privi di massa, come i fotoni di luce).

Quindi, riportando il ragionamento alla nostra personale realtà, potremmo coesistere in diverse Terre senza saperlo.

Igno-rando

Pubblicato da Ignorando

De labore solis!