Parliamo di anima. Cos’è? Dov’è?

scritto nel 2014

La pecca della scienza è quella dell’aver considerato la materia tangibile, solida, permanente e reale. Su tale presupposto, che oggi sta fortunatamente iniziando a mutare, si è basata la struttura dell’essere umano, il pensiero con il quale ha proceduto sin’ora e tutto il suo sistema.

In questo articolo parleremo di anima, ovvero il grande contrasto di fondo che si contrappone a tale impostazione della quale l’uomo, avendo basato la sua evoluzione cognitiva su dei paletti mentali strutturali erronei, non ci ha ancora capito molto. Devo tali riflessioni anche ad uno studio di Alice A. Bailey, L’anima e il suo meccanismo, che mi è stato fondamentale per trarre parte delle citazioni virgolettate e i riferimenti storici.

Da sempre, l’anima è stato oggetto di discussioni infinite, il primo interesse intellettuale di ogni epoca, il tema fondamentale di ogni religione e filosofia. Solo questo, basta per dedurre che l’anima è una realtà testimoniata da millenni e se, per millenni si parla di anima, non si può che ritenere che essa abbia una base assolutamente reale. Al di là delle conclusioni visionarie e di casi patologici, vi sono delle testimonianze valide di pensatori, filosofi e scienziati che meritano di essere accettate. Si ricordano le riflessioni di Aristotele che ne parlava come di un qualcosa che ha la «vita in potenza» (De Anima, II, 412, a27-b1); altrimenti, degne di nota le riflessioni secondo cui, per Platone, l’anima provenisse dal mondo delle idee.

Una sintesi tra la concezione aristotelica e quella neoplatonica si trova in Tommaso Campanella; secondo il suo pensiero, la natura è un complesso di realtà viventi, ciascuna delle quali animata e tendente al proprio fine ma, d’altra parte, tutte unificate e armoniosamente dirette verso una meta comune da una stessa universale Anima del mondo.

Queste, solo alcune delle considerazioni.

Il Webster (per chi non lo sapesse, è il Dizionario americano della lingua inglese, opera del lessicografo americano Noah Webster, pubblicato per la prima volta in due tomi nel 1828), la definisce in maniera molto interessante, soprattutto rispettandone la saggezza orientale:
“Entità, concepita come l’essenza, la sostanza o la causa motivante della vita individuale e specialmente della vita psichica; veicolo dell’esistenza individuale, separata per sua natura dal corpo e generalmente ritenuta separabile da esso”.

La vita psichica dell’individuo si estende molto oltre i limiti determinati dall’ingenua opinione intellettuale per cui il cervello è l’unico centro di vita. Pertanto, se vita vuol dire più fattori, l’anima è da ricercare in questi.
Si deduce, pertanto, che l’anima viene considerata come un’entità o un soggetto che si manifesta nelle attività pensanti e volitive dell’uomo, come soggetto delle esperienze meditate; non è la mente, ma ciò che pensa e che vuole. Il volere e i pensieri profondi sono mossi dalle vibrazioni dell’anima. Questa viene identificata con la mente o, ancor meglio, con l’esperienza cosciente; tale è il senso usuale applicato nella disciplina chiamata psicologia (da psiche e logos, discorso sull’anima; anche qui, tuttavia, bisognerebbe sottolineare la contraddizione tra tale definizione e la tendenza materialista occidentale dei metodi di questa scienza, al di là delle strade sperimentali che sono state intraprese, successivamente).

Ma da dove provengono queste vibrazioni? Cosa ci rende motivati nell’esistenza dal momento che siamo presenti, cosa ci spinge al volere e ai pensieri? Dove si trova il centro di origine per cui l’anima vibra nell’essere umano?

Platone, Stratone, Ippocrate, Erofilo, Erasistrato, Galeno, Ippolito ma anche S.Agostino e i filosofi arabi la collocavano tutti, seppur in modi differenti talvolta somiglianti e altri meno, nel cervello.
Di questa idea erano anche Ruggero Bacone, Ludovico Vives, Mondino, Versalio (il primo a scoprire le differenze tra materia grigia e bianca), Serveto, Telesio (il quale, nel De rerum natura, insegnò che l’anima era la più sottile forma della materia, una sostanza molto delicata, avvolta nel sistema nervoso e che perciò sfugge ai sensi).
Perciò questa forza che anima la materia nella forme di vita e nello specifico caso, nella forma umana, parrebbe trovare la sua sede nel cervello; di conseguenza è quello che determina il Sé!

Più anticamente, gli Egiziani credevano che l’anima fosse un raggio agente mediante un composto caratteristico e fluido, mentre gli Ebrei la consideravano come il principio vitale. Gli Indù insegnano che l’anima umana è parte di un immutabile Principio, l’Anima del Mondo, l’Etere onnipervadente (Akasha).

“Come l’etere onnipresente, per la sua tenuità, non può essere toccato, similmente è per lo spirito in ogni corpo.
Come il Sole illumina tutto il mondo, Colui che dimora nel corpo illumina il suo campo d’azione.
Quelli che con l’occhio della Saggezza, distinguono la differenza tra il campo e il Conoscitore di esso, e la liberazione dell’essere dalla natura, vanno al Supremo”
 (Bhagavad Gita,III).

Nella letteratura orientale, anima e sé sono sinonimi, in particolare nella dottrina delle Upanishad.

Deussen afferma:
“[…] Brahman, il potere che si materializza in tutte le cose esistenti, che crea, sostiene, conserva e riassorbe in sé tutti i mondi, questo potere divino infinito ed eterno è identico all’Atman, cioè a quanto scopriamo in noi stessi, dopo aver eliminato tutto ciò che è esterno, come l’essere profondo, il sé individuale, l’anima”.

I primi padri della Chiesa furono notevolmente influenzati dall’idea dei Greci sull’anima, e i loro insegnamenti subirono in seguito anche l’influenza dello Gnosticismo e del Manicheismo. L’anima era considerata luce, il corpo oscurità; la luce, continuando ad irradiare il corpo, si sarebbe liberata di esso. Nel IV secolo San Gregorio affermò il trittico conosciuto corpo corpo-anima-spirito, come fece San Paolo che, citando da Hollander, affermò:
“[…] l’Anima non è suddivisa in parti, benché Gregorio abbia distinto in essa facoltà nutritive, sensibili e razionali, corrispondenti al corpo, all’anima e allo spirito. La natura non è razionale non è ugualmente presente in tutte le parti del corpo. La natura superiore usa quella inferiore come suo veicolo. Nella materia risiede il potere vitale; nel vitale la facoltà sensitiva, e questa è unita alla razionale. Così l’anima sensitiva è un mezzo più puro della carne e più grossolano dell’anima razionale. L’anima così unita al corpo è la vera fonte di ogni attività”.

Nel XVII secolo emerse l’animismo di Stahl (importante per ciò che espresse sull’anima degli animali) che, sempre citando da Hollander, riassunse così il suo insegnamento:
“Il corpo è fatto per l’anima; ma questa non è fatta per il corpo e non ne è il prodotto […] L’anima è la fonte di qualsiasi movimento vitale, costruisce la macchina del corpo e per un certo tempo lo protegge dalle influenze esterne […] La causa immediata della morte non è la malattia, ma un intervento diretto dell’anima, la quale abbandona la macchina del corpo o perché è inutilizzabile per qualche seria lesione, o perché decide di non servirsene più”.

C’è da considerare che per la presenza di tutte queste versioni, non è stato possibile compilare una vera e propria antologia di studi sull’anima, il che lascia bene intendere la difficoltà entro cui l’uomo si è sempre visto, evidentemente, confinato entro un limite da cui non è riuscito ad andare oltre . Sia le correnti occidentali che quelle orientali parlano, tuttavia, di vita che permea tutte le forme.

Ancora molte le considerazioni orientali fondamentali e secondo me nettamente chiarificatrici rispetto al pensiero occidentale, in riferimento all’etere (Akasha) e alla materia.

Citando dalla Kenopanishad: “Non manifestato, privo di forma, unica sorgente di luce è il Grande Potere; da ciò proviene l’etere sonoro (Akasha); da ciò nacque l’etere tattile.
Da questo, l’etere luminoso, e da questo il gustativo; quindi l’odorifero. Ecco i cinque eteri, che hanno dimensione quintuplice.
Da essi proviene l’universo; per mezzo loro l’universo continua; in essi sparisce, e ricompare.”

Arthur Avalon spiega molto sul come l’etere (Akasha) riesce a diventare Universo, ne “Il Potere del Serpente” :
Ricerche scientifiche recenti hanno dimostrato che la sostanza originaria non può essere “materia” in senso scientifico, avere cioè massa, peso e inerzia. La materia è stata ridotta […] a qualcosa che differisce profondamente dalla “materia” conosciuta dai sensi. Questa sostanza ultima si afferma essere etere in movimento. […] Si ammette ora che la “materia”, anche aggiungendo tutte le forze possibili è insufficiente a spiegare molti fenomeni, come ad esempio quelli della luce; si è quindi dovuti ricorrere ad un atto di fede scientifica supponendo l’esistenza di una sostanza chiamata “etere”; di un mezzo che, riempiendo l’universo, trasporta le radiazioni della luce, del calore e dell’elettricità, e agisce forse a distanza, come nel caso dell’attrazione fra corpi celesti. Si dice tuttavia che questo “etere” non sia “materia” intesa in senso fisico ordinario, cioè dalla sola che i sensi conoscano. Ma nell’accettare l’esistenza dell’etere sappiamo che i corpi “materiali” immersi in esso possono cambiare posto. […]per dirla con gli Indù, la proprietà caratteristica delle vibrazioni della Tattva Akasha è creare lo spazio, in cui esistono altre Tattva e loro derivati. Teorie occidentali rigorosamente scientifiche hanno cercato di costruire il mondo prendendo come elementi la “materia” e l’ “Etere”.

Il procedimento mediante il quale il sottile diventa gradualmente sempre più grossolano fino a quando diventa tattile permane sino a quando non si ridisperde, e il potere che trasforma l’Akasha nell’universo è il prana, parola sanscrita che significa “energia assoluta”.
Da tutto questo se ne deduce che la materia non è abbastanza solida, permanente e reale.

I secoli della scienza hanno reso l’umanità e il tangibile stabilmente fisico e permanente in quanto misurabile, perciò esistente; di questo gli uomini se ne sono convinti, ancor di più in dette epoche. E, ancora, non si schiodano da questo paletto in termini di evoluzione perché vorrebbe dire, letteralmente, cominciare un capitolo nuovo in cui è tutto da scrivere. Secondo il pensiero attuale, è reale ciò che è tanigibile, quantificabile; essendo l’anima esclusa dalle possibilità umane di misurazione, è stata nel tempo collocata, esclusivamente, come oggetto di riflessioni filosofiche, mistiche e religiose. L’umanità è davvero molto indietro e, consapevolmente, desidera evolversi ma, solo come lo vorrebbe o lo immagina, il che è un errore.

Saluti,
Igno-rando

Pubblicato da Ignorando

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